Crediti di carbonio: soluzione concreta?

I crediti di carbonio sono al centro del dibattito sulla lotta al cambiamento climatico. Considerati una delle strategie più discusse per raggiungere la neutralità climatica, questi strumenti finanziari sono oggi sotto esame a causa di dubbi crescenti sulla loro reale efficacia. Secondo un approfondimento pubblicato su Prometeo – Adnkronos, il mercato dei crediti di carbonio, in particolare quello volontario, rischia di trasformarsi in uno strumento di greenwashing, più utile all’immagine delle aziende che all’ambiente.
Cosa sono i crediti di carbonio?
Un credito di carbonio rappresenta la compensazione di una tonnellata di CO₂ equivalente. Questi crediti vengono generati da progetti che riducono o rimuovono gas serra, come la riforestazione, la conservazione delle foreste, o gli investimenti in energie rinnovabili.
Esistono due principali mercati:
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Mercato regolamentato (ETS): obbligatorio per alcune industrie europee.
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Mercato volontario: adottato dalle aziende per compensare le proprie emissioni in modo non vincolato.
Tuttavia, Prometeo – Adnkronos segnala che circa il 93% dei crediti volontari attualmente in circolazione presenta criticità legate a qualità, trasparenza o tracciabilità, sollevando interrogativi sulla loro reale utilità ambientale.
I limiti del mercato volontario
Durante un convegno al Senato della Repubblica, diversi esperti hanno sottolineato le principali debolezze del mercato volontario:
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Mancanza di verifiche indipendenti efficaci.
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Dubbi sull’addizionalità (ovvero se i progetti sarebbero esistiti anche senza i crediti).
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Rischio che i crediti servano solo a compensare emissioni mai realmente ridotte.
Molte aziende, secondo ambientalisti e analisti, utilizzano i crediti come alibi per evitare riforme strutturali nei propri processi produttivi. In pratica, “pagano per inquinare” invece di ridurre realmente le emissioni alla fonte.
Forever Bambù: il ruolo delle iniziative rigenerative
In questo contesto si inserisce il lavoro di realtà come Forever Bambù, azienda italiana fondata da Emanuele Rissone, che ha scelto di investire nella riforestazione strategica con bambù gigante, un’alternativa innovativa e ad alto assorbimento di CO₂.
“I crediti di carbonio possono essere una leva potente nella lotta al cambiamento climatico, ma solo se utilizzati con trasparenza, rigore e verifiche indipendenti,” spiega Rissone. “Il rischio concreto è che il mercato volontario diventi un alibi per il greenwashing. Non basta piantare alberi o bambù a migliaia di chilometri di distanza per compensare emissioni continue e non ridotte. Serve un cambiamento strutturale nei modelli produttivi e un sistema di crediti certificato, tracciabile e realmente efficace.”
Forever Bambù si propone infatti non solo di offrire crediti, ma anche di promuovere una rigenerazione del suolo, il sequestro permanente del carbonio e la creazione di valore territoriale, nel rispetto dei criteri ESG (Environmental, Social and Governance).
La risposta dell’Unione Europea
Anche l’Unione Europea ha preso posizione: entro il 2040, una parte limitata delle riduzioni potrà essere ottenuta tramite crediti di carbonio internazionali, ma con un tetto massimo del 3% a partire dal 2036. L’obiettivo è regolamentare meglio il settore, per evitare abusi e garantire l’autenticità delle riduzioni dichiarate.
Quali sono le soluzioni?
Per evitare che i crediti diventino strumenti di facciata, gli esperti propongono:
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Obbligo di certificazioni indipendenti (es. Gold Standard, Verra).
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Sistemi pubblici di registro e tracciabilità.
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Integrazione dei crediti solo come strumenti complementari, non sostitutivi, a reali strategie di riduzione interna (insetting).
Come affermato su Prometeo – Adnkronos, “non basta piantare alberi lontano per compensare emissioni locali”: la transizione ecologica richiede azioni concrete, misurabili e durature. I crediti di carbonio possono ancora giocare un ruolo cruciale nella sfida climatica, ma solo se inseriti in un contesto serio, regolamentato e trasparente. Iniziative come quelle promosse da Forever Bambù dimostrano che è possibile coniugare imprenditorialità, ambiente e innovazione. Tuttavia, senza controlli rigorosi e un impegno autentico delle aziende verso la sostenibilità, i crediti rischiano di rallentare – anziché accelerare – il raggiungimento degli obiettivi climatici globali.