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Ecco come scegliamo dove investire: Mauro Cervini

 Ecco come scegliamo dove investire: Mauro Cervini

Mauro Cervini, investitore con oltre trent’anni di esperienza nei mercati finanziari, è oggi uno dei massimi esperti italiani in passaggi generazionali aziendali And preparazione alla quotazione in Borsa. Dopo una lunga carriera in cui ha ricoperto ruoli da advisor, investitore privato, e mentore per imprese in trasformazione, oggi affianca imprenditori e famiglie imprenditoriali nel momento cruciale del cambio di governance e nell’apertura al capitale esterno. Autore del libro “Il coraggio di crescere. La roadmap segreta delle aziende che raggiungono il successo quotandosi in Borsa”, Cervini porta con sé una visione unica, maturata sul campo, che intreccia competenze finanziarie, sensibilità umana e capacità di visione strategica.

Cervini, partiamo dal panorama globale degli investimenti. Quali settori ritiene oggi particolarmente promettenti?

“Ci sono due ambiti che, oggi più che mai, meritano l’attenzione di chi investe con visione di lungo periodo. Il primo è quello dei computer quantistici, un settore ancora giovane ma destinato a rivoluzionare interi settori: dalla sicurezza informatica alla ricerca farmaceutica, passando per l’intelligenza artificiale e la modellazione avanzata. Non è un caso che negli Stati Uniti questa tecnologia sia fortemente sostenuta dal governo federale, con investimenti pubblici ingenti che facilitano la nascita di ecosistemi altamente innovativi. Il secondo ambito riguarda le energie sostenibili, dove assistiamo a un’accelerazione decisa sia nella ricerca che nell’adozione industriale. Non si tratta più di una nicchia ‘green’, ma di un motore concreto di crescita economica. Chi oggi sa cogliere le opportunità in questi due settori, lo fa entrando nel futuro”.

Lei guarda molto agli Stati Uniti come modello. Perché?

“Perché negli USA esiste una cultura del rischio e, allo stesso tempo, una rete di sostegno all’innovazione che funziona. Le startup e le PMI non sono lasciate sole: il sistema pubblico incentiva, mentre quello privato investe con lucidità. C’è una sinergia tra istituzioni, università, fondi e imprese. È un modello profondamente diverso da quello bancocentrico italiano, dove il sostegno all’impresa passa quasi esclusivamente dal credito ordinario, con tutte le rigidità del caso. Oggi il mondo richiede flessibilità, rapidità, capitale di rischio. E richiede anche una nuova mentalità: quella dell’impresa narrante, capace di attrarre investitori raccontando visione, valori, impatto”.

In questo scenario, cosa serve davvero per investire bene?

“Oltre alla preparazione tecnica, serve intelligenza emotiva. Il vero investimento è nelle persone: nei team, nei fondatori, nella loro capacità di adattarsi e guidare. I numeri da soli non bastano. Quello che cerchiamo oggi è leadership consapevole, cultura aziendale solida, visione chiara. Per questo insisto molto sull’importanza di saper comunicare. Oggi l’impresa deve saper parlare ai potenziali investitori, raccontare cosa fa, come lo fa e perché lo fa. Non è solo una questione di pitch, ma di reputazione e coerenza. Chi sa farlo bene, ha molte più probabilità di attrarre capitale privato senza dover passare per i canali tradizionali”.

Lei è considerato uno dei tutor più affidabili nei passaggi generazionali. Quali sono le difficoltà che incontra più spesso?

“Il passaggio generazionale è forse il momento più critico nella vita di un’azienda familiare. Spesso incontro imprenditori di 65-70 anni, circondati da collaboratori storici, con cui hanno condiviso trent’anni di sfide. Ma arriva un momento in cui bisogna prendere decisioni: continuare, vendere, aprirsi a nuovi soci, o passare il testimone ai figli o a manager esterni. In questi momenti, la componente emotiva pesa tantissimo. Ci sono paure: di perdere il controllo, di rompere equilibri, di sbagliare. Ma è proprio in questi momenti che servono competenze trasversali, una guida esterna capace di aiutare l’imprenditore a fare chiarezza. Il futuro si costruisce con la lucidità, non con la nostalgia”.

È da qui che nasce il suo libro “Il coraggio di crescere”?

“Sì. Volevo scrivere qualcosa di concreto, che aiutasse le aziende a capire cosa significa davvero prepararsi alla quotazione in Borsa. Non è solo una questione tecnica: è un vero e proprio cambio di pelle. Bisogna riorganizzare i processi, costruire governance trasparenti, definire una strategia di crescita sostenibile. Ma soprattutto, bisogna essere pronti a confrontarsi con il mercato, ad aprirsi, a cambiare mentalità. Il libro è una sorta di ‘mappa’ che accompagna passo dopo passo l’imprenditore che vuole affrontare questo percorso. Parlo di errori comuni, di scelte da evitare, ma anche di casi di successo che dimostrano come, con le giuste competenze, la Borsa possa diventare un vero acceleratore”.

Cosa direbbe oggi a un giovane imprenditore o a una startup?

“Direi prima di tutto che il mondo è cambiato. Non si può più ragionare solo secondo i vecchi schemi. Oggi bisogna essere aperti, veloci, competenti e capaci di collaborare. Le imprese devono imparare a cercare capitali privati, a costruire relazioni solide con gli investitori, a usare la finanza non solo come supporto ma come leva strategica. E soprattutto: non abbiate paura di crescere. Anche quando il percorso sembra complesso, anche quando il salto fa paura. Le grandi aziende non nascono grandi: lo diventano facendo scelte coraggiose, giorno dopo giorno. Ma serve guida, metodo e preparazione”.

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Corporate Community Editorial Team

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