Filippo Poletti: l’IA come bussola per i leader del futuro

Il giornalista milanese Filippo Poletti, top voice ufficiale di LinkedIn Italia, dal 2017 cura su LinkedIn una rubrica giornaliera dedicata ai cambiamenti nel mondo delle professioni. Il suo profilo è stato inserito da WikiMilano tra i protagonisti della metropoli italiana. Speaker e giornalista professionista ha collaborato con oltre 30 testate nazionali come il Corriere della Sera, il blog dedicato ai temi del lavoro del Fatto Quotidiano e la sezione Econopoly del Sole 24 Ore. Si occupa di relazioni pubbliche e comunicazione aziendale. Ha collaborato come autore con diverse case editrici come Baldini & Castoldi, Flaccovio e Lupetti. Tra i suoi i libri Tempo di IoP: Intranet of People, Grammatica del nuovo mondo, MBA Power: innovare alla ricerca del proprio purpose, Ucraina: grammatica dell’inferno e Smart Leadership Canvas. Al suo attivo anche diverse esperienze come formatore in aziende, istituzioni e business school. Con Poletti affrontiamo il ruolo dell’Intelligenza artificiale per le PMI.
Come l’IA può influenzare e migliorare le decisioni manageriali nel prossimo decennio?
«L’intelligenza artificiale può migliorare la presa delle decisioni aziendali. Questo, infatti, è diventato un compito molto complesso: non solo viviamo in una realtà sempre più difficile da interpretare, dove il modello “VUCA” (acronimo di volatilità, incertezza, complessità e ambiguità) è diventato molto attuale, ma nella quale l’incessante crescita della quantità dei dati a disposizione dei manager rischia di essere controproducente, passando dall’essere una sorta di stella polare a diventare un immenso cielo stellato, nel quale non si riesce a riconoscere una costellazione amica. In questo contesto, l’intelligenza artificiale, disponibile 24 ore al giorno, rappresenta la bussola in grado di semplificare la navigazione: essa, infatti, è in grado di processare grandi quantità di informazioni provenienti da fonti eterogenee, identificare tendenze e fornire suggerimenti riguardo le azioni da intraprendere, che possono essere analizzate dal leader tenendo conto degli obiettivi e della mission aziendale. Dal momento che l’intelligenza artificiale è più precisa e veloce di un essere umano, un processo di questo tipo permette di risparmiare risorse finanziarie, riducendo anche il rischio di errori».
Quali competenze, secondo voi, un leader deve sviluppare per collaborare efficacemente con l’IA?
«Servono nuovi leader con almeno tre caratteristiche. La prima è la prontezza: il leader deve farsi trovare pronto rispetto a una serie di scenari alternativi. La seconda è la serendipità, ossia la capacità di fare scoperte. Terza e ultima caratteristica è la capacità di engagement: un’organizzazione innovativa cresce solo se l’intera azienda si sente a bordo. Il leader deve saper ingaggiare i collaboratori. Per questo, oltre al cervello focalizzato sugli obiettivi da raggiungere, deve avere un grande cuore rivolto alle persone. Tutto questo deve portarci, a mio avviso, a superare la polarizzazione della discussione attuale intorno alla leadership della gentilezza: servono leader gentili e attenti alle persone e, allo stesso tempo, focalizzati sul raggiungimento degli obiettivi di business. L’uso del cuore, in poche parole, non esclude l’uso del cervello».
Come Microsoft Italia ha integrato l’IA nei processi decisionali aziendali dopo un anno dal lancio di ChatGPT?
«Copilot for Microsoft 365 è un esempio concreto di come l’intelligenza artificiale possa aiutare il lavoro: pensiamo, ad esempio, alla funzione di riepilogo delle e-mail, riducendo il cosiddetto “debito digitale” che ci vede oggi ricevere fino a 250 messaggi di posta al giorno. Oppure alle funzioni avanzate relative a Excel e, ancora, alla produzione di slides con Power Point potenziato dall’intelligenza artificiale e utilizzato anche tramite comandi vocali. Non è un caso che Microsoft, grazie allo sviluppo dell’intelligenza artificiale generativa, abbia superato un gigante tecnologico come Apple, diventando all’inizio del 2024 la società più valutata al mondo».
Quali sono gli impatti positivi che un leader può avere sulla società attraverso l’utilizzo consapevole dell’intelligenza artificiale?
«L’intelligenza artificiale può aiutare il leader a concretizzare la vision della sua organizzazione, ma è necessaria una leadership intelligente e saggia per evitare che l’evoluzione tecnologica faccia venire meno la componente umana. Il leader “saggio” non deve essere solo in grado di creare valore economico, ma di costruire organizzazioni più sostenibili. Tutto questo non deve essere interpretato esclusivamente nel senso di shareholder primacy, ossia di dare la priorità agli azionisti, assicurando loro la profittabilità di breve periodo, ma come un obbligo a porre la massima attenzione nei confronti delle organizzazioni, garantendone la sostenibilità nel lungo periodo».
Come le aziende intervistate, come Microsoft, Cisco, Siemens e Scalapay, stanno affrontando la sfida di bilanciare cuore e cervello nelle decisioni manageriali in un contesto di crescita dell’IA?
«Per quanto riguarda Microsoft ha promosso il growth mindset, ossia la mentalità della crescita costante con l’adozione dei principi della chiarezza (create clarity), dell’energia positiva (generate energy) e del raggiungimento degli obiettivi (deliver success). Cisco lo fa portando avanti la gestione del business con il purpose in mind, ovvero promuovendo un futuro sempre più inclusivo. Siemens ha adottato il programma DEGREE, all’interno del quale sono previste diverse attività, tra cui la decarbonizzazione, seguita dall’etica, dalla governance, dall’efficienza delle risorse, dall’equità e dall’occupabilità: non ultimo, in questa azienda è stato adottato lo smart working senza limitazioni per tutti i dipendenti, tema che quasi quotidianamente tratto su LinkedIn con l’hashtag #RASSEGNALAVOROIT. Per quanto riguarda Scalapay, infine, basta guardare il logo a forma di cuore stilizzato per comprendere come questa società abbia messo al centro della sua attenzione le aspirazioni dei collaboratori, oltre che quelle dei clienti».
Come la crescita esponenziale di utenti di ChatGPT riflette le nuove esigenze e aspettative degli utenti nei confronti dell’IA e dei leader del futuro?
«Cito alcuni numeri: lanciato il 30 novembre 2022, ChatGPT ha registrato 5 milioni di iscritti in 5 giorni e ben 100 di iscritti in 3 mesi. Ci sono voluti 16 anni per avere 100 milioni di utenti di telefoni mobili, 7 per Internet, e 4,5 per Facebook. Bastano questi dati per sottolineare come siamo di fronte a un cambiamento epocale: se fino a ieri le reti neurali generative erano pane per i denti di pochi, oggi lo sono per tantissime persone, sempre più interessate a utilizzare nuovi strumenti per essere sgravate da operazioni ripetitive. Le persone vogliono sempre di più fare lavori ad alto valore aggiunto, resi possibili dall’adozione dell’intelligenza artificiale».
In che modo l’AI può essere utilizzata per migliorare la cura delle persone all’interno delle organizzazioni?
«L’intelligenza artificiale può contribuire a gestire le risorse umane all’interno delle aziende: pensiamo al reclutamento e alla selezione, all’inserimento di nuove figure, alla formazione, alla gestione delle prestazioni, all’engagement dei collaboratori, alla gestione delle retribuzioni e, infine, alla retention dei collaboratori».
Quali sono le principali sfide etiche e sociali che i manager dovranno affrontare nell’era dell’intelligenza artificiale?
«Promuovere lo sviluppo e l’utilizzo responsabile dell’intelligenza artificiale implica l’adozione di diversi principi etici nella progettazione e nell’implementazione dei sistemi tecnologici, come la trasparenza, l’equità e l’accountability. Circa le sfide sociali, provo a individuarne una su tutte, l’inclusione: l’IAcene o epoca dell’intelligenza artificiale dovrà essere portata avanti a beneficio di tutti. Se così non sarà, sarà un’epoca votata all’involuzione dell’umanità».